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Un libro come una città


Anteprima

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«Intanto, il titolo. Il mio ultimo libro l’ho intitolato City. Mi rendo conto che non è una grande idea per uno che, il libro precedente, l’ha intitolato Seta. Immagino che adesso mi toccherà scrivere Sete [...] Però ci tenevo, a City, perché dice cosa questo libro è sempre stato, nella mia testa. Una città. Non una città precisa. L’impronta di una città qualsiasi, piuttosto. Il suo scheletro. Pensavo alle storie che avevo in mente come a dei quartieri. E immaginavo personaggi che erano strade, e alle volte iniziavano e morivano in un quartiere, altre attraversavano la città intera, infilzando quartieri e mondi che non c’entravano niente uno con l’altro e che pure erano la stessa città. City. Pensavo a quando vai in una città, e poi quando torni ti chiedono se l’hai vista, quella città, e tu dici di sì, ma è evidente che non l’hai vista, veramente, ne hai viste porzioni irregolari e casuali, ma dici che sì, l’hai vista. City. Volevo scrivere un libro che si muovesse come uno che si perde in una città. Poi, tornato a casa, gli chiedevano cosa aveva visto. Ho visto City.

L’ho scritto - il libro - e poi l’ho intitolato City. Mi sembrava la cosa giusta da fare».

La città/web in cui si incontrano scrittura e lettura

«Mi piace molto fare un gioco di cui i lettori conoscono le regole; in effetti voi potete trovare, in quasi tutti i miei libri, le regole del gioco; voglio che tutti sappiano bene cosa si sta facendo, penso che sia il modo migliore per amarlo», afferma Baricco in un suo intervento al convegno L’officina del racconto 2000, al Centro Culturale di Milano nel marzo 2000, nel contesto di un incontro sul tema “La parola e la scrittura: smalto sul nulla o trasparenza di un incontro?”

È una scelta che Baricco porta avanti in ogni dimensione di City, dove le architetture narrative e i temi che il testo tratta sono due aspetti della medesima dimensione metanarrativa che innerva e contiene tutte le altre.  L’architettura di City non poggia sulla centralità di alcuno degli elementi della narrazione, spazio, tempo, personaggi, vicende e temi ma, semmai, sul processo stesso della comunicazione narrativa.

Se in City si dispiega il mondo esploso e replicante, del tempo di mutazione culturale di cui Baricco parla ne I barbari , oltre che in diversi barnum , è la stessa complessità assunta come contenuto a farsi, in un unico gesto, struttura del testo.

Il concetto è quello che, per l’uomo della postmodernità, un effetto di autenticità sia raggiungibile più facilmente ricorrendo all’evocazione delle repliche della realtà nei mondi dell’immaginario, che non col tentativo di descrivere direttamente la realtà. Il soggetto, infatti, abita sempre più spesso le descrizioni del mondo, anziché il mondo stesso e utilizza tali descrizioni come strumento di decodifica della realtà e come linguaggio di comunicazione delle esperienze.

Si può quindi, su questa linea, ipotizzare che le singole storie/quartieri, attivate dai personaggi/strade in forma di epifanie o di salti nell’immaginario e nella memoria e collegate da essi alla storia centrale del libro/città, non costituiscano storie parallele a sé stanti distinte rispetto alla diegesi, ma spazi simultanei che “metabolizzano” la irriducibile molteplicità di una realtà in cui i piani dell’immaginario e dell’esperienza sono compresenti nella percezione dei personaggi. Si tratta di un iperspazio che consente l’ampiezza del raggio d’azione dell’universo occidentale globalizzato ma che comporta l’accettazione della resa alla virtualità esperienziale di quell’universo.

Si può arrivare a ipotizzare una struttura di tipo ipertestuale in cui i personaggi/strade si muovono come un puntatore con la funzione di attivare i link che aprono e nel contempo connettono le singole storie/quartieri, riducendo a unità di libro/città tutte quelle porzioni irregolari e casuali che è dato di vedere al lettore/viaggiatore.

link disseminati si rivelano grazie al potenziale evocativo di cui i personaggi e le storie sono dotati in quanto distillato di secoli di topoi e personaggi letterari e di decenni di personaggi di cinema, fumetti e cartoon, che abitano i mondi dell'immaginario dei lettori.

Sono personaggi e storie già letti o già visti che non bisogna sforzarsi di scoprire. Basta limitarsi a riconoscere in essi delle sfumature di immaginario condiviso per aprire e connettere i mondi narrativi di cui sono fatte le singole storie che articolano City.

Baricco enfatizza la scelta del titolo nella presentazione sul sito promozionale di City, giocando con il suono delle parole "city", "seta" e "sete"; ma, se Baricco ferma il gioco sulla parola “sete”, al lettore/navigante degli albori dell’età del Web, al mutante in surfing di cui parla Baricco ne I barbari, non può sfuggire, tornando alla presentazione dopo aver letto City, che il suono della pronuncia italiana della parola "city" è "siti". Allora è inevitabile l’associazione tra una città/libro, in cui le storie sono i quartieri e i personaggi sono le strade, e una città/web in cui le storie sono i siti che i personaggi aprono attivando i link riconoscibili al lettore.

Sui risvolti di copertina della prima edizione Baricco, fa riferimento allo spazio testuale in cui si muovono autore e lettore utilizzando la metafora del viaggio assimilabile alla consolidata metafora della navigazione ipertestuale:

«Ci ho viaggiato per tre anni in City. Il lettore, se vorrà, potrà rifare la mia strada. È il bello, e il difficile, di tutti i libri: si può viaggiare nel viaggio di un altro?».

Tuttavia, l’accostamento di City a un web è negato dagli stessi termini con cui è suggerito. Come a sottolineare la distanza dalle suggestioni dell’hyperfiction elettronica, Baricco evita rigorosamente il termine navigazione, con la stessa cura con cui evita i termini “rete”, “nodi”, “link”, e tiene dichiaratamente fuori dal testo il computer. Anche quando elenca infatti, per dimostrare l’ambientazione nel presente di City, una serie di oggetti icona del presente (tutti mezzi di comunicazione, anche nell’accezione spaziale di trasporto) contenuti nel testo, Baricco afferma esplicitamente proprio l’assenza del computer, focolare della postmodernità, suo mezzo di comunicazione privilegiato e supporto della tecnologia di scrittura ipertestuale:

«Ci sono automobili, telefono, pullman, c’è perfino un televisore, e a un certo punto c’è un signore che vende una roulotte. Non ci sono computer, ma un giorno ci arriverò».

Gli spunti ipertestuali in City, allora, risultano semmai come effetti di ritorno dell’impatto ipermediale sulla narrativa, predigeriti dal passaggio per le strutture narrative tradizionali e riassorbiti lungo la linea di continuità che lega City al filone della narrativa reticolare che attraversa la storia della letteratura sin dalle origini.

La ri-mediazione delle altre forme di narrazione, cinema, fumetto, radiocronaca, racconto orale, lezione accademica, di cui parla Bolter a proposito dell’ipertestualità è in sostanza realizzata da Baricco dall’interno di quello che considera «il vecchio e sempre attuale universo letterario» anziché dall’esterno con l’uso della tecnologia ipertestuale, come avviene nell’hyperfiction elettronica.

É in un’intervista rilasciata a MediaMente nell'aprile del '97 che Baricco affronta il rapporto tra tecnologia e narrativa:

«la tecnologia ha portato qualche cosa di nuovo, di diverso, non penso che abbia spostato il cuore, l’asse portante di quello che è la scrittura, ma ha reso un poco differente le modalità attraverso cui noi scriviamo. Non credo di poter dire che ci sia un’era del computer nella rosa letteraria. C’è un altro aspetto: ci sono testi che sono nati per sfruttare le potenzialità di quella tecnologia: gli intertesti, ad esempio; ma questo è proprio tutta un’altra cosa. A me non affascina particolarmente l’intertesto. Mi affascina la logica interna dei testi […] Adesso, collegare queste due cose, cioè il vecchio e sempre attuale universo letterario, le logiche dell’universo letterario, e queste altre logiche, può divertire, può anche produrre qualcosa di veramente interessante. Però bisogna avere una fascinazione istintiva rispetto a tale mescolamento. La filosofia del link mi affascina, lo amo di per sé, come la filosofia del viaggio e dello scarto. Lo scrittore, però, viaggia fra i limiti della sua testa, e per la lettura la cosa affascinante è ancora sempre seguire il viaggio di uno. Credo che, di fatto, poi Conrad facesse questo: apriva delle finestre, entrava, si spostava. Flaubert faceva questo. Ma è egli stesso che ti detta il viaggio e tu segui. Quella libertà di vedere un testo e viaggiarci come tu vuoi mi sembra una libertà che non trovo così affascinante. Trovo più affascinante seguire un uomo che non ho mai conosciuto nel viaggio che ha intrapreso notando aspetti che lui stesso avrà notato o meno. Ripercorrere le sue orme, questa credo che sia la cosa affascinante della lettura».

L’intervista è del ‘97, City è del ‘99. In City  «non ci sono computer» e Baricco invita il lettore a seguire il viaggio dell’autore nel testo con la consapevolezza della difficoltà ma anche del fascino di «viaggiare nel viaggio di un altro». Però, negli anni che separano l’intervista di MediaMente da City, si è compiuta, come più di un articolo dei Barnum testimonia, un’evoluzione nella concezione dello spazio in cui autore e lettore viaggiano. Le rotte sono sempre tracciate dall’autore che continua a dettare il viaggio ma la mappa dei percorsi di lettura è articolata in base a un’idea di complessità che apre per il lettore, “se vorrà”, una certa possibilità di movimento all’interno della struttura del testo.

Lo spazio di scrittura/lettura viene allora attraversato dal lettore secondo una rotta lineare predisposta dall’autore, ma, alla fine del viaggio il lettore di City si ritrova spinto a ripercorrere la mappa secondo gli altri percorsi strutturati anch’essi dall’autore ma offerti a una possibilità di lettura stratificata su livelli diversi che si intersecano.

Ancora, i percorsi interni di City, con i loro “strappi, di tappe nel nulla, di falsi sentieri” di cui Baricco stesso parla nella chat con i lettori del settembre 2002, in occasione dell’uscita di Senza sangue, configurano dei punti di apertura del testo che il lettore deve colmare con la propria competenza ermeneutica. La percezione dell’unità di City in sostanza è possibile solo attraverso l’esperienza della complessità della rete che scaturisce proprio dalla compresenza dei diversi percorsi di lettura attivabili nello spazio del testo. Questo è quanto consente di assimilare l’esperienza di lettura di City a una delle idee di base delle sperimentazioni dell’hyperfiction elettronica.

La mappa della città impossibile: Ruth

Baricco nei suoi barnum, Tokyo, Complessità e Piccole mezquite quotidiane, tratta della ricerca di una  tecnica descrittiva capace di metabolizzare la complessità standovi a mollo, una tecnica capace di descrivere il tutto che ruota vorticosamente intorno a un punto che è una sorta di aleph o di buco nero. In City sceglie una tecnica da ipertesto web ma anche da telecomando e crea una dimensione spazio/temporale in cui realizza la simultanea convivenza di spazi e tempi diversi, di realtà e di repliche di essa nell'immaginario. Anche i percorsi dei personaggi partecipano a tale lavoro di metabolizzazione.

I percorsi di Gould e di Shatzy ruotano a vuoto intorno a un punto che assorbe tutti i livelli del testo: l’assenza di Ruth.

Ruth è un personaggio buco nero che catalizza il mondo esploso di City.

Baricco ritorna più volte al concetto di personaggio buco nero, intorno al quale ruota tutto un testo, trattando di Don Giovanni, Dracula, Amleto, Achille.

Durante la rappresentazione teatrale della sua rilettura dell’Iliade, nel suo intervento di introduzione al brano di Achille, identifica un tratto comune tra questi personaggi:

«il cuore della faccenda, il nucleo che fonde l'energia per tutto (Amleto, Dracula, Don Giovanni) è un personaggio .... che non esiste. È un personaggio di cui si sa poco, che mai ci spiegheremo fino in fondo, se non addirittura è un vampiro che non si sa bene nemmeno se sia un umano. È un personaggio che dice pochissimo di sé. È un personaggio che noi conosciamo solo perché gli altri ne parlano, perché gli altri ci combattono, perché gli altri muoiono per lui.

Lui è al centro, ma se lo guardi vedi un buco nero.

In diverse forme, Amleto. Chi mai capirà Amleto se è stupido, pazzo, un genio, un bambino, un malato?»

Intorno a questa tipologia di personaggio, secondo Baricco, lo sguardo che hanno gli altri «è sempre lo sguardo verso un punto inquietante, un punto che non si sanno spiegare più di tanto. Per alcuni è un pazzo. Spesso, Achille, è nominato come pazzo. Per alcuni è qualcosa che non riesci a guardare; moltissimi girano lo sguardo».

Allo stesso modo, Ruth è un personaggio assente ma la sua assenza è il cuore di energia intorno al quale ruotano gli altri personaggi.

Ruth è la chiave di volta che regge tutti i percorsi di lettura che si possono seguire in City e che permette al lettore di chiudere i punti di indeterminazione del testo.

Eppure è un personaggio che spiazza il lettore, in cui è impossibile per il lettore immedesimarsi.

Scrive Baricco su Dracula:

«il lettore, nel suo istintivo lavoro di immedesimazione, è sbalzato via dal posto di comando. Voglio dire che, comunque la si rigiri, è impossibile immedesimarsi in Dracula: lo si può ammirare, lo si può perfino amare, ma immedesimarsi? Come ti immedesimi in uno che non esiste? Che è un buco nero? Che neanche è vivo? È così ovvio che, al contrario, finisci per immedesimarti con tutti gli altri, anche se non vorresti, [...] Noi non sopravvivremmo a quella condizione di sconfinata non esistenza. Noi stiamo sull’orlo del buco nero. Ma dentro, mai. Possiamo tollerare di farlo in un incubo notturno o per rari istanti sul lettino dello psicanalista. Ma non seduti a teatro, non sdraiati a leggere un libro».

L'energia che emana dal personaggio buco nero, per Baricco, è sempre una forza “incontrollabile e sovraindividuale”, un “istinto cieco” che riemerge dalle profondità ancestrali. Sono forze fuori dalla razionalità controllate dall’esattezza di quella particolare forma salvifica di schizofrenia che una narrazione.

L'energia che emana Achille è la forza di attrazione della guerra, dell'istinto distruttivo del il richiamo del sangue. L'energia che emanano Dracula e Don Giovanni, secondo Baricco è l'eros dionisiaco.

L'energia che emana Ruth, è il richiamo incestuoso del ritorno al ventre, a un’unità primordiale indifferenziata .

Il lettore sta sul bordo, in salvo.

Ruth è il punto di raccordo tra due importati strati di City : schizofrenia e metarrazione. Se la narrativa crea una sorta di universo secondo, legato a una ferita e a una sconfitta, in cui il lettore e autore vivono, schizofrenicamente, vite parallele, rinunciando a combattere sul campo, City, in definitiva, descrivendo i percorsi di disagio psichico dei suoi personaggi, tratta anche metanarrativamente delle modalità di scrittura e offre nel contempo al lettore la chiave per svelare i propri meccanismi di lettura mostrandoglieli come contenuti del testo.

 

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