Parlando di "Halò Jack", è bene cominciare dalla scelta (fuorviante) del titolo; l'intero film è, infatti, un omaggio ai miei due nonni, di cui uno ormai scomparso. Uno di loro era comunemente chiamato "Jack" e scherzosamente l'altro mio nonno (il Gino Flamminio dei ringraziamenti, che è un appassionato di western) lo chiamava con l'espressione "Halò Jack!" dove halò era chiaramente l'italianizzazione del termine "Hello". Non per mancare di rispetto a Baricco ovviamente, ma ho voluto dedicare il film ad entrambi i nonni che sono stati per me motivo di grande ispirazione nel corso della realizzazione.
Tutto è partito dalla scoperta quasi casuale delle tracce audio del City Reading di Alessandro Baricco. La scelta dei lego è più o meno casuale ma i restanti materiali utilizzati sono frutto del piacere che ho nel realizzare tutto con le mie mani (parlo ovviamente delle scenografie). Dopo aver ascoltato l'intera storia, ho cominciato ad immaginarmi come l'avrei realizzata. Scena dopo scena, mi immaginavo il volto dello sceriffo, gli inseguimenti nel deserto, l'incontro con la vecchia e la fine tragica della storia. In pratica, mesi e mesi prima della realizzazione, avevo già in mente come sarebbe stato il risultato finale. Ho così iniziato a fare degli schizzi su carta; uno storyboard che solo io ero in grado di decifrare (data la mia scarsa abilità nel disegno) mi ha aiutato a non dimenticare la mia visione della storia.
Giorno dopo giorno ho iniziato la realizzazione degli scenari. Tutto è stato realizzato con materiali di fortuna e sopratutto interamente da me. Devo però ringraziare mio padre che mi ha sempre procurato il materiale necessario con grande prontezza. Mi sono servito di sabbia, pietre, cortecce, legno e gesso inutilizzato e tanto altro, per creare un mondo possibile solo nella mia testa.
Baricco ha creato un mondo fantastico e io l'ho filtrato attraverso la mia conoscenza del cinema western di cui sono un grande appassionato; ringrazio quindi i grandi maestri del genere (John Ford su tutti, ma anche Eastwood, Peckimpah, Pollack, Hawks...) che mi hanno certamente influenzato in molte scelte visive.
Come per ogni cinefilo, la mia vita è impregnata di film e credo sia impossibile creare qualcosa senza che mi rifaccia involontariamente a qualche grande regista che ha fatto la storia.
Il film è stato realizzato nell'arco di 5 mesi considerando la preparazione di tutte le scenografie, ma per quanto riguarda le riprese e il montaggio, tutto si è svolto nel giro di due settimane.
La parte più impegnativa è certamente stata quella della costruzione della città di Closingtown. Le case sono state costruite partendo da zero e la realizzazione, compresa la colorazione, mi ha portato via diverse settimane nonché diverse ferite alle mani (ritagliando a mano i materiali).
Per la realizzazione del villaggio indiano invece è stato necessario scolpire dei blocchi di gesso con martello e scalpello e in seguito colorarlo e decorarlo a dovere.
Ogni elemento ha richiesto il suo tempo: dagli alberi realizzati con del muschio naturale, alle insegne incollate con della colla a caldo, dai fondali disegnati con degli acrilici alle staccionate ritagliate pazientemente.
Merita però un ultima precisazione la scena iniziale che è totalmente scollegata dal film.
La scritta scorrevole a tutto schermo recita: "Porter 1903". Sono sicuro che a molte persone questo nome non susciti granché ma in realtà è un altro omaggio che ho voluto fare alla storia del cinema.
La scena che ho riprodotto con i lego ricorda lo sparo conclusivo del film "The Great Train Robbery (Edwin Porter,1903)" da molti noto come il primo film western della storia.